La
chiusura di una relazione, si sa, è una delle esperienze più traumatiche e dolorose che possano accadere nelle vita, specie se si
è dalla parte di chi subisce la chiusura.
Sebbene
i primi tempi dopo la separazione siano devastanti, è noto che il
tempo, gentiluomo, guarisce tutte le ferite e, dopo mesi o anni, si
è in genere di nuovo pronti per vivere un'altra storia d'amore
e lasciare il passato alle spalle; approccio sano di fronte alla
chiusura di un rapporto.
A quanto pare, però, molti uomini
oggigiorno non la pensano in questo modo e si sta diffondendo anche
in Europa la barbara tecnica del vitriolage.
Detta così potrebbe sembrare una tecnica pittorica. In realtà
si tratta di una delle violenze più atroci possibili a discapito
della donna: la deturpazione del viso con l’acido. E’ una tecnica
già da tempo diffusa in India, Pakistan, Cambogia, Bangladesh,
Kenya, Sud Africa e perfino in Hong Kong. Le sostanze possono essere
acido solforico, acido nitrico, acido cloridico o altre sostanze che
mangiano la pelle fino alle ossa.
Numerosi
i casi in Italia degli ultimi anni, basti citare Jessica Notaro, 28
enne sfigurata con l'acido dal suo ex compagno lo scorso 10 Gennaio
e Lucia Annibali, aggredita il 16 Aprile del 2013 da un uomo che le
versa dell'acido in viso (assoldato dall’ex fidanzato).
Qualche
mese fa, a Pomeriggio 5, Barbara D’urso, che tratta spesso il tema
della violenza di genere, ebbe la seguente uscita infelice:
“Ci
sono uomini che per troppo amore e per troppa gelosia fanno cose che
non vorrebbero fare”.
Ecco.
Va
chiarito, sottolineato e ribadito un punto: questi gesti non sono
esternazioni di amore.
Per
quanto un uomo sia arrabbiato o accecato dalla gelosia, difficilmente
riuscirà ad arrecare un danno fisico di tale portata alla donna
che ama. Questi comportamenti non fanno capo alla sfera dei
sentimenti quanto al retaggio culturale dell’individuo e alla sua
concezione della donna.
Innanzitutto,
è evidente come la donna in questi casi vegna vista come oggetto
da possedere. Bruciandole il viso con l’acido è come se di
dicesse “o mia o di nessun altro”. Pensiamo ad un bambino che
gioca con il suo giocattolo preferito. A volte, piuttosto che cederlo
ad un compagno di giochi preferisce romperlo. Lo schema
comportamentale applicato è lo stesso senonchè, la donna non è
una “cosa” come il giocattolo e non appartiene ad un altro essere
umano.
Oltre
al concetto di donna come cosa, vi è anche la concezione della
donna come essere umano di serie B che non può e non deve
permettersi di rifiutare l’uomo, perchè ne offende onore e
virilità e, in tal caso, va punita.
Il
problema non è quindi “il troppo amore”, ma le modalità con
cui questi individui si relazionano con il sesso femminile fin dalla
prima infanzia. Se fin da piccoli, nelle stesse famiglie, vengono
indottrinati facendo loro credere di essere superiori in quanto
maschi, autorizzati a comandare e a maltrattare sorelle e madri e ad
incutere il rispetto con la minaccia della violenza domestica, non
c'è da meravigliarsi se poi non riescono ad accettare in modo
sano il rifiuto di una compagna in età adulta. Il bambino, fin
dalla tenerissima età dovrebbe essere abituato a vedere la madri,
sorelle, compagne di scuola come esseri pensanti con autonomia
decisionale alle quali portare rispetto come pari. Un bambino
cresciuto con questi principi sarà, con tutta probabilità, un
uomo, capace di vivere con dignità una separazione, accettandola
come scelta di un altro essere umano che ha il suo stesso identico
valore.
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