martedì 2 maggio 2017

E non chiamatelo “troppo amore”!

La chiusura di una relazione, si sa, è una delle esperienze più traumatiche e dolorose che possano accadere nelle vita, specie se si è dalla parte di chi subisce la chiusura.

Sebbene i primi tempi dopo la separazione siano devastanti, è noto che il tempo, gentiluomo, guarisce tutte le ferite e, dopo mesi o anni, si è in genere di nuovo pronti per vivere un'altra storia d'amore e lasciare il passato alle spalle; approccio sano di fronte alla chiusura di un rapporto

A quanto pare, però, molti uomini oggigiorno non la pensano in questo modo e si sta diffondendo anche in Europa la barbara tecnica del vitriolage. Detta così potrebbe sembrare una tecnica pittorica. In realtà si tratta di una delle violenze più atroci possibili a discapito della donna: la deturpazione del viso con l’acido. E’ una tecnica già da tempo diffusa in India, Pakistan, Cambogia, Bangladesh, Kenya, Sud Africa e perfino in Hong Kong. Le sostanze possono essere acido solforico, acido nitrico, acido cloridico o altre sostanze che mangiano la pelle fino alle ossa.

Numerosi i casi in Italia degli ultimi anni, basti citare Jessica Notaro, 28 enne sfigurata con l'acido dal suo ex compagno lo scorso 10 Gennaio e Lucia Annibali, aggredita il 16 Aprile del 2013 da un uomo che le versa dell'acido in viso (assoldato dall’ex fidanzato).
Qualche mese fa, a Pomeriggio 5, Barbara D’urso, che tratta spesso il tema della violenza di genere, ebbe la seguente uscita infelice:
Ci sono uomini che per troppo amore e per troppa gelosia fanno cose che non vorrebbero fare”.
Ecco.
Va chiarito, sottolineato e ribadito un punto: questi gesti non sono esternazioni di amore.

Per quanto un uomo sia arrabbiato o accecato dalla gelosia, difficilmente riuscirà ad arrecare un danno fisico di tale portata alla donna che ama. Questi comportamenti non fanno capo alla sfera dei sentimenti quanto al retaggio culturale dell’individuo e alla sua concezione della donna.
Innanzitutto, è evidente come la donna in questi casi vegna vista come oggetto da possedere. Bruciandole il viso con l’acido è come se di dicesse “o mia o di nessun altro”. Pensiamo ad un bambino che gioca con il suo giocattolo preferito. A volte, piuttosto che cederlo ad un compagno di giochi preferisce romperlo. Lo schema comportamentale applicato è lo stesso senonchè, la donna non è una “cosa” come il giocattolo e non appartiene ad un altro essere umano.

Oltre al concetto di donna come cosa, vi è anche la concezione della donna come essere umano di serie B che non può e non deve permettersi di rifiutare l’uomo, perchè ne offende onore e virilità e, in tal caso, va punita.

Il problema non è quindi “il troppo amore”, ma le modalità con cui questi individui si relazionano con il sesso femminile fin dalla prima infanzia. Se fin da piccoli, nelle stesse famiglie, vengono indottrinati facendo loro credere di essere superiori in quanto maschi, autorizzati a comandare e a maltrattare sorelle e madri e ad incutere il rispetto con la minaccia della violenza domestica, non c'è da meravigliarsi se poi non riescono ad accettare in modo sano il rifiuto di una compagna in età adulta. Il bambino, fin dalla tenerissima età dovrebbe essere abituato a vedere la madri, sorelle, compagne di scuola come esseri pensanti con autonomia decisionale alle quali portare rispetto come pari. Un bambino cresciuto con questi principi sarà, con tutta probabilità, un uomo, capace di vivere con dignità una separazione, accettandola come scelta di un altro essere umano che ha il suo stesso identico valore.


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