venerdì 19 maggio 2017

La società coltiva l'omofobia


Il 17 Maggio ricorre la giornata contro l’omofobia.
So già cosa molti di voi penseranno: “Ecco, ora dopo la festa delle donne, pure la giornata dei gay!”
No, non si tratta della festa dei gay. Si tratta della giornata contro la discriminazione dei gay!
E so ancora cosa molti di voi diranno: “eh sì, oggi come oggi non si può più dire una parola che uno è omofobo!” È vero che il politically correct rende tutti estremamente sensibili sull’argomento e, a volte, una parola buttata lì senza malizia può scatenare un inferno e farci accusare di essere xenofobi, razzisti e chi più ne ha più ne metta.
Eppure ancora esistono paesi come la Mauritania, il Sudan, l’Iran, lo Yemen e l’Arabia Saudita dove l’omosessualità viene pagata con la vita e altri dove atti di violenza contro i gay sono all’ordine del giorno (come la Cecenia).

La stessa civile Inghilterra non molto più di un secolo fa arrestò Oscar Wilde per omosessualità e costrinse Turing, creatore del primo calcolatore elettronico, alla castrazione chimica via iniezioni di estrogeni, trattamento che condusse lo scienziato alla depressione e al suicidio.
Nella mia esperienza personale ho sempre notato una forte avversione da parte dei miei amici uomini nei confronti degli omosessuali. Ai ragazzi non piace parlare di gay, sono terrorizzati all’idea di essere scambiati per gay e non gradiscono averne nelle vicinanze. Perché? Cos’è che tanto terrorizza gli uomini? Cos’è che li rende così sprezzanti verso un’inclinazione naturale tanto da definire spesso l’omosessualità una malattia?

Eppure, tornando indietro di un bel po’ di secoli, rimarremmo stupiti nell’apprendere che la pratica omosessuale era accettata in progredite civiltà antiche, come quella Ellenica.
Basti pensare all’amore di Achille e Patroclo nell’Iliade di Omero o al rapporto fra Alessandro Magno e l’amico per la vita Efestione. Nella Grecia antica il rapporto erotico fra due uomini (specialmente nel caso di uomo adulto e ragazzo adolescente) era consuetudine.
Ancora una volta dovremmo porci in modo più aperto verso questi e altri temi, ricordando che la decantata normalità è solo frutto della convenzione piuttosto che di valutazioni oggettive.

Reputo triste che possano ancora esistere atti di violenza contro ciò che non possiamo accettare, e ancora di più che essi siano frutto di pregiudizi che scaturiscono da convenzioni sociali e culturali. Una nuova cultura oggi non è possibile? O dovremo aspettare un millennio o giù di lì?

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