martedì 1 agosto 2017

No alla violenza sulle donne: ricominciamo dai bambini!

Nel luglio 2017 cinque donne sono state uccise o ridotte in fin di vita dal proprio marito o compagno. 120 donne uccise in totale nel 2016 in seguito alla reazione violenta dell’uomo di fronte al tentativo della donna di mettere fine alla relazione. 

Mi capita spesso di ascoltare commenti di persone che si chiedono basite come mai il fenomeno femminicidio stia dilagando in Italia negli ultimi anni. Quello che stupisce me, invece, non è il fatto di cronaca in sé, piuttosto la sorpresa degli italiani, come se la violenza di genere fosse improvvisamente una novità in Italia!

In realtà, la violenza sulle donne è parte integrante della nostra cultura e persiste indisturbata da secoli. Non serve andare troppo indietro, dato che il nostro stesso codice penale, fino a meno di 50 anni fa avallava leggi del tutto a sfavore della donna. Basti pensare allo ius corrigendi che autorizzava i capofamiglia a picchiare a fini correttivi i componenti del nucleo familiare. Ovvio che il concetto di “fine correttivo” fosse ampiamente opinabile e non di rado si traduceva in violenza gratuita da parte dell’uomo nei confronti dei componenti fisicamente più deboli, la moglie in primis. 
Potete immaginare cosa potesse accadere nelle case italiane poco più di mezzo secolo fa in caso di marito possessivo e geloso. 


Oppure possiamo citare il “delitto d’onore” che giustificava l’omicidio della moglie in caso di tradimento e riduceva drasticamente la pena. Da non dimenticare inoltre che il tradimento della donna, occasionale o meno, veniva punito con l’incarcerazione per un anno, quello dell’uomo con un giorno di reclusione. La disparità di genere e la concezione della donna quale oggetto posseduto dall’uomo è scritta nero su bianco nelle nostre “tavole della legge” e si deve arrivare addirittura al 1996 affinché il reato di stupro venga riconosciuto come reato contro la persona e non contro il buon costume. 

E allora chiedo a voi: di che vi meravigliate?

Cosa ci si può aspettare dal maschio Italiano, quando la nostra stessa Italia trasuda una storia fatta di discriminazioneVero che le numerose leggi sono state ad oggi abrogate, ma aver cancellato le leggi sulla carta non serve a molto se i cervelli non cambiano! Il punto nodale è rivedere la concezione della donna da oggetto posseduto dall’uomo come essere pensante autorizzato a decisioni autonome. Da dove ripartire? Semplice, dai bambini.

Difficile rieducare generazioni cresciute in una realtà che ha inculcato il maschilismo, ma si può sperare nelle nuove generazioni. In casa, per esempio, impegnarsi a trattare femmine e maschietti allo stesso modo, con stessi diritti e doveri, senza privilegiare i maschi esonerandoli dal lavoro domestico o autorizzandoli a comandare sulle sorelle. Nelle scuole: insegnare ai maschietti a vedere le compagne di classe come pari, come amiche con cui studiare, con cui giocare evitando stereotipi quali “giochi da maschio” e “giochi da femmina”, “materiale da maschio” e “materiale da femmina”.

Ancora oggi gente che non ha nulla a che fare con me a livello lavorativo storce il naso quando dico che sono un ingegnere e mi dice “Una donna ingegnere… guarda, non è per cattiveria, ma non siete proprio capaci!” senza nemmeno entrare nel merito di ciò che faccio. Ho sentito anche dire e non raramente: “Il cervello di una donna non potrà mai eguagliare quello di un uomo, le donne sanno fare altre cose e quelle devono fare!”. Purtroppo quando sento queste cose mi rendo conto che sono pregiudizi che vengono da molto lontano: dai padri, dai nonni e ancora indietro nella storia. 

Nel dire questo mi rivolgo soprattutto ai padri di figlie femmine: so che adorate le vostre figlie, perciò lavorate perché un giorno non ci sia il loro nome in uno degli articoli che parlano di femminicidio! Lavorate affinché le vostre figlie vengano considerate persone ancora prima che donne.

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