martedì 25 aprile 2017

La paura fa "anta"



“Beh? Pronta per i 40?” Mi chiede una mia amica a bruciapelo.
“Non lo so...”

Ammetto di essere un po’ in apprensione. Eh sì perché gli “anta” sono una via a senso unico, a meno che non si arrivi ai cento, opzione improbabile!
Ma perché i 40 spaventano così tanto? Cosa c’è in quel 4 che mette tutti un po’ in crisi?

Per quando mi riguarda ho sempre pensato al ciclo vitale come una parabola rovesciata e, nel mio immaginario, il picco è rappresentato proprio dai 40 anni, dopo i quali si procede verso un inesorabile declino. Nonostante palestra e botox aiutino oggigiorno, poco c’è da fare contro il lavoro inesorabile del tempo.
Ma non credo si tratti soltanto di questo. Probabilmente ognuno di noi, arrivato “nel mezzo del cammin di nostra vita” tende a fare un bilancio e a confrontarsi con le aspettative della giovinezza.

Come immaginavamo la nostra vita quando avevamo 18 anni?
Quali erano i nostri sogni?
Forse c’era chi si immaginava affermato supermanager sul sedile di un’auto sportiva da centinaia di migliaia di euro o di viaggiare il mondo con uno zaino in spalla.

La vera domanda che ci poniamo forse è: “Cosa direbbe il 18enne che ero della persona che sono diventato oggi? Ho realizzato i sogni di quel ragazzo? L’ho deluso?”
Perché non c’è giudice più spietato di quel ragazzetto brufoloso, un po’ triste che, seduto al banco di scuola, con la testa appoggiata alla mano, mangiava il tappo della bic e canticchiava fra sé “voglio una vita spericolata...”.

Poi, a 40 anni, ci ritroviamo con una vita normale e più ci guardiamo allo specchio più ci troviamo simili ai nostri genitori quando avevamo giurato a noi stessi che mai e poi mai avremmo avuto una vita noiosa come la loro!

Non è facile spiegare a quel diciottenne che sognava un futuro da rockstar che la vita, quella vera, nella maggior parte dei casi, è fatta più di circostanze che di sogni, la realtà di giorni e i giorni di routine. Forse, arrivati alla soglia dei 40, è arrivato il momento di chiedere a quel ragazzino di perdonarci se le cose non sono andate proprio come sperava, di lasciarlo lì a sognare su quel banco di scuola e di prendere il buono delle piccole cose che abbiamo costruito in quattro decenni di vita!

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