lunedì 6 novembre 2017

Perchè ci fu Auschwitz?

Ho sempre nutrito un forte interesse per la Shoah e, dopo aver letto innumerevoli testi sull’argomento, il 27 Ottobre scorso ho visitato il museo di Auschwitz-Birkenau in Polonia. 


L’aspetto che mi ha sempre incuriosito dei lager nazisti è il fatto che esseri umani siano stati capaci di creare una vera e propria industria dedicata allo sterminio programmatico di un altro gruppo umano. Non che di genocidi non ce ne siano mai stati, gli stessi morti della seconda guerra mondiale sono milioni, ma non credo che nel corso della storia sia mai stata creata una vera e propria macchina perfettamente organizzata per portare a termine un omicidio di massa. Le SS vedevano morire nei campi vecchi, donne e bambini senza provare angoscia, rimorso, la vivevano come una normale occupazione. Come è possibile tutto ciò? Tutti i nazisti erano pazzi? 


Forse non è proprio di pazzia che si può parlare. Io la chiamerei piuttosto abitudine mentale.  Mi spiego meglio. La prima impressione che ho avuto visitando il campo - il fatto che i prigionieri venissero trasportati in carri bestiame, rasati, tatuati, stipati in stamberghe di notte, selezionati in base alla forza lavoro, i loro capelli riciclati, i denti d’oro estratti, le ceneri vendute come fertilizzante, alcuni utilizzati addirittura per esperimenti medici - è stata quella di un mattatoio. 
Ora, per un attimo allontaniamoci da Auschwitz e pensiamo agli animali negli allevamenti destinati a diventare cibo. Quando vediamo una mucca che pascola, immediatamente il nostro cervello la associa a piatto e bistecca. Poco importa il processo atroce che la mucca dovrà affrontare prima di diventare cibo: per noi è ben normale che la funzione della mucca sia quella di nutrirci. Ci dispiace che venga uccisa in modo cruento, ma questo è quello a cui siamo abituati fin da bambini. Ci viene insegnato che è giusto uccidere la mucca, perciò accettiamo la cosa come normale e non ne veniamo turbati più
 di tanto in età adulta.  

Le stesse persone che lavorano nei mattatoi osservano animali morire quotidianamente, eppure convivono con questa realtà e dormono la notte. Non è un caso che i bambini invece instaurino un rapporto di affetto con mucche, agnelli, galline. Danno loro un nome, li amano e soffrono per la loro morte. Questo perchè il bambino ancora non è passato attraverso il percorso educativo che li rende abituati alla morte programmata di queste bestie. 

Credo che allo stesso modo le SS, quando si trovavano di fronte un ebreo non vedessero un essere umano, ma un animale di una specie diversa, inferiore e trovassero normale poter disporre della sua vita. Non a caso, quando nei campi di concentramento le SS si riferivano agli ebrei li chiamavano  stück che in tedesco significa pezzo, come se si parlasse di un oggetto inanimato: pezzi da magazzino, pezzi in una catena di montaggio, pezzi elettronici, pezzi. I “pezzi” solevano essere vestiti di un pigiama leggero a righe quando fuori c’erano -25 gradi, potevano usufruire delle latrine (che 200 persone usavano contemporaneamente) o lavarsi con acqua fredda nei lavatoi per 30, al massimo 40 secondi due volte al giorno. Se sgarravano con i tempi venivano bastonati o frustati. Dormivano in 5 nello stesso “letto”, senza coperte in baracche dalle finestre rotte. Mangiavano un decimo del fabbisogno giornaliero e, nella maggior parte dei casi, disponevano di scarpe bucate per muoversi nella fanghiglia melmosa di Auschwitz. 
Guardando i registri che riportano le date di arrivo e di morte, si evince che le donne resistessero in media 3 mesi, gli uomini 6, salvo rare eccezioni di detenuti che avevano la fortuna di lavorare al chiuso o di poter accedere a pasti decenti. 

Non è un caso il titolo del romanzo di Levi “Se questo è un uomo” perchè gli ebrei nei campi di sterminio venivano trattati alla stessa stregua di animali. Ma che cosa ha agito sul cervello delle SS tanto da far loro percepire un esser umano come un animale? Molto semplice: la propaganda. 

Fin dagli anni 30 la propaganda nazista nei confronti degli ebrei era stata feroce: non solo non erano benvoluti in quanto abbienti, ma appellati anche come sporchi, portatori delle più terribili malattie.  Una siffatta propaganda perpetrata per anni attecchisce facilmente in menti giovani e influenzabili, ancor di più se accompagnata da leggi razziali e ghettizzazione.  Il risultato è una sorta di abitudine mentale al pensiero discriminante nei confronti di un gruppo etnico, pensiero che viene concepito come giusto, e, in quanto tale, autorizzante a qualunque azione. Non sarei affatto sorpresa se, fra le SS che furono giustiziate per aver torturato, massacrato e gasato ebrei, ce ne fossero alcune che non riuscissero nemmeno a capire quale fosse il loro crimine, assuefatti a vedere gli ebrei appunto come “esseri inferiori”. 

Confesso che vedere Auschwitz mi ha spaventato, non tanto per possibili futuri atti di antisemitismo che speriamo siano ormai un tristissimo ricordo, ma perchè Auschwitz è la prova tangibile di quanto influenzabile possa essere la mente umana e soprattutto quanto possa assuefarsi alla violenza se giustificata da convinzioni ideologiche. 

A conclusione di questo articolo, come spunto di riflessione, vi segnalo un libro-documento che mi è stato consigliato dalla guida nel campo: “Sonderkommando Auschwitz: La verità sulle camere a gas” di Shlomo Venezia. L’autore, ebreo prigioniero ad Auschwitz, fu assoldato per far parte del SonderKommando, unità che si occupava di assistere gli ebrei durante il processo di sterminio nelle camere a gas, dalla svestizione nell’anticamera fino all’estrazione ed eliminazione dei cadaveri. E’ una lettura straziante, ma credo valga la pena per capire fino a che punto la crudeltà e la violenza possono arrivare quando si è soggetti ad un vero e proprio lavaggio del cervello! 

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