martedì 21 novembre 2017

È stata una brava persona!


Il 17 Novembre alle ore 3:37 si spegne a Parma Totò Riina, capo della mafia Siciliana, condannato a 26 ergastoli, da 24 anni in regime di carcere duro 41 bis.
Impossibile non collegare il suo nome a personaggi quali Falcone (strage di Capaci) e Borsellino (strage di Via D’Amelio), al pentito Santino di Matteo e suo figlio Giuseppe di Matteo, il ragazzino di 12 anni strangolato e sciolto nell’acido per punire il pentimento del padre.
Sembra che Toto’ Rinna abbia collezionato la bellezza di almeno 200 omidici.
Veniva chiamato Il capo dei capi o addirittura “la belva” per l’efferatezza dei suoi omicidi.
Muore.
I tg Italiani non parlano d’altro.
Le testate di tutto il mondo riportano la sua foto in prima pagina.
Si ricordano i morti delle sue stragi e si rinnova il dolore dei cari delle vittime.
Eppure, nel suo paesino d’origine, a Corleone, in provincia di Palermo, alla domanda “Lei cosa pensa di Totò Riina?” c’è chi risponde:

“È stato un galantuomo …”
“È stata una brava persona…”
“Non sa fare male...”
E chi addirittura esula la domanda rispondendo:
“A me non m’ha fatto niente…”
Cliccate qui per il link alle interviste.

Insomma, sembra in pochi vogliano ammettere che a morire sia stato uno dei criminali più feroci della storia. Anzi, addirittura per alcuni e’ morto un galantuomo!
Queste risposte la dicono lunga sul significato della mafia.
Oggi noi la chiamiamo associazione a delinquere mafiosa, ma la mafia nasce in realta’ dopo l’unità d’Italia come associazione clandestina di briganti che creano una struttura sociale parallela a quella dello stato proprio per difendersi dallo stesso che, dopo l’unita’ d’Italia, era soltanto sinonimo di tasse e leva obbligatoria.

La mafia seppur regolata da leggi durissime, tutelava a suo modo i cittadini che, sentendosi parte della “famiglia” ovvero del nucleo mafioso, accettavano benevolmente tale sicurezza in cambio di piccoli “favori”.
Il fenomeno ha poi assunto nel corso della storia dimensioni mastodontiche modificando la propria natura.
Non piu’ solidarieta’ fra compaesani, ma mezzo di ascesa sociale, per collezionare potere e ricchezza.
La mafia diventa un vero e proprio secondo stato che vive all’ombra di quello ufficiale e che si infiltra nella vita e politica italiana a tutti i livelli come una piovra (non a caso il nome della serie televisiva).
In regioni del centro e del nord Italia, dove difficilmente si entra a diretto contatto con il fenomeno, è facile considerare la mafia “altro da noi” e avere capacità di discernimento, ma nel cuore della Sicilia, per alcuni, una persona come Riina rimane una brava persona proprio perche’ segue le leggi del “secondo stato” piuttosto che del vero e proprio stato italiano.
Riina fu appunto il capo di “Cosa Nostra”, ma Cosa nostra è molto più di un insieme di criminali.
Cosa nostra è un modo di essere, di sentire, motivato da un senso di appartenenza.
Totò Riina non sarebbe probabilmente esistito come capo se non avesse avuto dei sottoposti e i sottoposti non sono soltanto i diretti delinquenti, ma la mente dei cittadini assuefatti all’idea che lo stato è nemico e che l’individuo debba lottare da solo, costretto anche a compiere azioni deprecabili per una vita degna di tale nome.
L’avversità dell’italiano nei confronti dello stato e la totale mancanza di fiducia (ahime’ motivata) si riscontrano ancora oggi in Italia, dopo 156 anni dall’unificazione e nessuno crede alla meritocrazia, tutto ciò che viene da Roma è visto con immancabile sospetto.
La mafia, signori miei, non è solo un uomo, non è una serie di criminali, è molto di più.
La mafia è un modo di essere, un modo di pensare che si riscontra anche nelle persone più semplici.
La mafia è in un’Italia che lotta contro se stessa, che non crede nella propria costituzione, nella propria legge, nei cittadini che credono di avere bisogno di uno stato parallelo e criminale per potersi difendere e vivere una vita tranquilla, nelle persone che non credono di potere raggiungere alcun risultato senza una “spintarella”, che sanno di dovere andare avanti a suon di favori.
Riina può morire e molti giornali hanno scritto che con lui di certo la mafia subirà un forte contraccolpo.
Può darsi, il capo dei capi muore, ma la mafia resterà lì con le radici piantate nella nostra terra fino a quando lo stato e gli italiani non formeranno un’unica vera nazione.

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