martedì 12 settembre 2017

E voi dove eravate quell’11 settembre del 2001?

11 settembre 2001: una data che ha cambiato la Storia: noi, che la storia l’abbiamo sempre studiata sui libri, all’improvviso ce la siamo trovata davanti! 
Come si reagisce quando all’improvviso, mentre si svolgono azioni della nostra piccola quotidianità, ci viene sbattuto in faccia un evento di tale portata?  

L’ho chiesto a molti. Tu dove eri? Cosa hai pensato? Che cosa hai provato? Come lo hai saputo? 
Chi era in ufficio, chi in cantiere, chi al supermercato, chi stava semplicemente scolando la pasta o passando l’aspirapolvere. Dovunque fossimo una cosa accomuna tutti i racconti: quel giorno il mondo si è fermato. Le strade silenziose, le tv accese, gli occhi sgranati. 

Io mi trovavo in biblioteca, a Civitanova Marche, stavo studiando per l’esame di Elettronica II (particolare che non ricorderei se non fosse legato a quel giorno). Ad un certo punto si sollevò un brusio in tutta la sala. 
Tutti parlavano con tutti. Poi la gente iniziò a metter su lo zaino e andarsene.  
Un mio amico arrivò da me: 
“Ire, hanno attaccato le torri gemelle!”
“A New York?”
“Sì a New York! Due aerei!” 
Mi rispose mentre si preparava per andare a casa e mi salutò velocemente. 
Presi su la mia roba e me ne andai anche io. Andavo verso casa con il motorino e, durante il tragitto, notai assenza di traffico e un insolito, malsano silenzio. Arrivata a casa, accesi subito la tv: ogni canale era sintonizzato su NY e mostrava ripetutamente i due aerei scontrarsi contro le torri.  

Poi successe: d’improvviso quei due colossi si accartocciarono su se stessi e si sgretolarono al suolo. Rimasi davanti alla tv senza parlare per diversi minuti pensando a due cose: mi chiedevo se fosse realtà o una scena del film “Independence day” e poi pensai a quando nel 1990 ero salita sulle torri gemelle. Mi venne il mente il tipo che svolgeva il servizio in ascensore per i turisti, un nero alto con un sorriso grande e gli occhi buoni, che disse alla piccola turista italiana di non avere paura. Erano 110 piani, l’ascensore ci mise un po’ per arrivare fin su: da lì la vista su New York era spettacolare e io mi accanivo per capire se l’altra torre fosse davvero della stessa altezza di quella dove mi trovavo io. Ecco, quando le torri vennero giù pensai a quell’uomo con gli occhi buoni e mi chiesi se lavorava ancora lì e se si fosse salvato. 

Ci misi un po’ prima di rendermi conto che quello che vedevo stava segnando lo spartiacque fra due ere storiche. La guerra i ragazzi della mia generazione l’hanno sempre studiata a scuola: siamo parte di una generazione viziata che, specialmente in un paesetto come il mio, se ne fregava abbastanza di ciò che succedeva nel resto del mondo e viveva una vita ovattata con tutta la spensieratezza e i comfort possibili. Abbiamo studiato la seconda guerra mondiale sui libri, la guerra in Bosnia ci ha sfiorato, ma quel giorno no, quel giorno la guerra è entrata nelle nostre case e ci ha sbattuto la morte in faccia. 
Mentre eravamo incollati alla tv, guardando le torri bruciare, uomini e donne disperati si buttavano dalle finestre. Quelle minuscole macchiette nere cadevano giù come burattini e la loro irrisoria consistenza rivelava la fragilità delle nostre vite. Se anche un gigante come gli Stati uniti viene giù, nessuno è sicuro. Siamo tutti alla mercé della morte. Questo è quello che ho sentito: il senso di precarietà, lo scardinamento di ogni certezza perché in fondo non si è mai al sicuro. 


E voi? Cosa avete provato quel giorno di 16 anni fa, quando la Storia è entrata nelle vostre case?

Nessun commento:

Posta un commento

Cosa ne pensi di questo intervento?