martedì 20 giugno 2017

Un pericoloso Black Out

I medici parlano di “black out” dovuto a stress e mancanza di sonno.
Quello che i telegiornali ci raccontano sono casi di piccoli morti in auto. Come Tatiana, di 18 mesi, che il 7 giugno, ad Arezzo, la mamma Ilaria Naldini ha lasciato in auto sotto il sole cocente. Se n'è accorta solo due ore dopo, quando per Ilaria non c'era più nulla da fare. O come il figlioletto di Andrea Albanese, che nel giugno 2013 venne dimenticato in auto per 9 ore. Entrambi i genitori erano però sicuri di aver accompagnato i figli all'asilo.

Non mi sento di proferire parole di fronte a una tragedia simile, credo di non essere nemmeno lontanamente in grado di immaginare né la sofferenza dei piccoli nelle ore di agonia al caldo, né il dolore straziante dei genitori che, oltre ad avere perso i loro bambini, vivranno con un lacerante senso di colpa per tutta la vita.
 
Ciò che mi ha lasciato allibita sono stati i commenti in cui sono incappata in rete.
 
Commenti pesanti, giudizi, condanne, insulti verso i genitori che qualcuno ha addirittura chiamato “assassini”.
Non ho potuto fare a meno di chiedermi da dove possa venire tanto accanimento e, soprattutto, tanto “giudizio”, come se si fosse certi al 100% che una cosa del genere possa capitare soltanto agli altri.
Di fronte alla morte di un bimbo, specialmente dovuta a una fatalità simile, ritengo opportuno soltanto un rispettoso silenzio.

Ciò non toglie che potremmo usare le nostre energie per fare in modo che disgrazie così non accadano più.
Andrea Albanese, per esempio, si sta battendo per far approvare una legge che renda obbligatori i sistemi antiabbandono nelle auto e, nonostante i tempi della burocrazia italiana siano geologici, non molla, affinché non ci siano più morti come quella di suo figlio che possono essere evitate grazie a un aggeggino che suoni prima di chiudere la portiera dell’auto.

Molti penseranno: “Hai bisogno di un drin drin per ricordarti tuo figlio?”
Sì, ho bisogno di un drin drin e anche di una campana se possibile, perché i ritmi di vita che teniamo sono talmente frenetici che il cervello umano può tranquillamente salutarci e andarsi a fare un giro per un po’!
Certo che un genitore non deve dimenticarsi un figlio, ma è un dato di fatto che queste cose succedono e allora, invece di inveire con insulti sterili, perché non proponiamo soluzioni affinché fatti del genere non siano più nella nostra cronaca?
 
Ottimo esempio è quello degli asili di Gorgonzola (in figura) che si premurano di chiamare i genitori in caso di assenza dei bimbi, iniziativa utile ed efficace fino a quando non saranno varate delle vere e proprie leggi di controllo.
 
Gli insulti servono a poco... troviamo soluzioni!

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